martedì 29 aprile 2008

Schifani: Da Corleone a Palazzo Madama

Prendo spunto da 'I Complici' di Lirio Abbate e Peter Gomez per delineare il profilo del futuro Presidente del Senato, Renato Schifani.

E' il 4 maggio 1998. Nino Mandalà, boss di Villabate, sale sull'auto di Simone Castello, uomo d'onore che per conto di Provenzano recapita i pizzini in tutta la Sicilia. Le elezioni amministrative sono alle porte. Mandalà, fa parte del direttivo provinciale di Forza Italia, si devono decidere le liste dei candidati.
Gaspare Giudice gli ha consigliato un nome, all'ultimo però l'accordo salta, perchè Renato Schifani, neoeletto senatore nel collegio di Corleone, "ha preteso, giustamente, che il candidato di Misilmeri alla provincia fosse suo, visto che Gaspare Giudice ne aveva già quattro", spiega Nino Mandalà a Simone Castello.
Mandalà si sfoga con Castello dicendogli che i voti lui questa volta non gli procurerà a nessuno, tantomeno a chi "m'a trummaru" (me l'hanno trombata)la candidatura chiesta supplicandomi.
Quando il candidato proposto da Schifani si presenta in paese viene respinto a malo modo e Mandalà racconta di avergli detto : "Caro mio io non do indicazioni a nessuno, non mi carico nessuno, Misilmeri non è Villabate, è inutile che vieni da me. Di voti qui non ce n'è per nessuno...".
La dura reaazione del capomafia preoccupa i vertici di Forza Italia, tanto che Gaspare Giudice lo ha chiamato subito: " Mi ha telefonato dicendo che stamattina a casa di Enrico La Loggia c'è stata una riunione. C'erano La Loggia, Schifani, Giovanni Mercadante(allora capogruppo di Forza Italia in Comune a Palermo, arrestato per mafia nel 2006) e Dore Misuraca, l'assessore regionale agli Enti Locali.Giudice mi ha raccontato che Schifani disse a La Loggia: "Senti Enrico, dovresti telefonare a Nino Mandalà, perchè ha detto che a Villabate Gaspare Giudice non ci deve mettere più piede...e quindi c'è la possibilità di recuperare Nino Mandalà, telefonagli....".
Il mafioso è quasi divertito. Alzare la voce coi politici è sempre un sistema che funziona. E, secondo lui, anche Renato Schifani ne sa qualcosa. Dice Mandalà: "Simone, hai presente Schifani, attraverso questo(il candidato di Misilmeri)... aveva chiesto di avere un incontro con me, se potevo riceverlo. E io gli ho detto no, gli ho detto che ho da fare e che non ho tempo da perdere con lui. Quindi, quando ha capito che lui con me non poteva fare niente, si è rivolto al suo capo Enrico La Loggia che, secondo lui, mi dovrebbe telefonare. Ma vedrai che lui non mi telefonerà. Mi può telefonare che io, una volta, l'ho fatto piangere?".

Le microspie dei carabinieri registrano ora la storia di un'amicizia tradita. una storia di mafia in cui i capibastone minacciano e i politici, terrorizzati, chiedono piangendo il perdono.

Mandalà racconta. Anno 1995, il figlio Nicola viene arrestato per la prima volta. Accusa La Loggia di averlo lasciato solo, forse per paura che si scoprisse un segreto incoffessabile: lui e Nino Mandalà non solo si conscevano fin da bambini, ma per anni erano stati anche soci, avevano lavorato fianco a fianco in un'agenzia di brokeraggio assicurativo.
"Non mi apettavo che dovesse fare niente, ma almeno un messaggio,'ti dò la mia solidarietà', me lo poteva mandare. Stiamo parlando di un rapporto che sale dalla notte dei tempi, eravamo tutti e due piccoli...suo padre...era mio padre, lui era un cristiano coi cazzi, non come questo pezzo di merda... poi siamo stati soci d'affari, lui presidente e io amministratore delegato. andavamo in vacnza insieme...". Il portaordini di Provenzano prova a calmarlo:"va bè, è il presidente dei senatori di Forza Italia, magari non si può esporre..."
"D'accordo, però, in una situazione come questa...Dio mio mandami un messaggio. Poteva farlo attraverso 'sto cornuto di Schifani che allora non era ancora senatore ma faceva l'esperto, il consulente in materie urbanistiche qua al Comune di Villabate a 54 miloni di lire l'anno. Me lo aveva mandato proprio il signor La Loggia. Lui(Schifani) mi poteva dire, mi chiamava e mi diceva:'Nino, vedi che, capisci che non si può esporre però è con te, ti manda i saluti'. No, e invece non manda a dire niente lui, ma Schifani..."
"Dice che non ti conosce..."
Schifani, quando quelli là in Forza Italia gli chiedono " ma che è successo all'amico tuo, al figlio dell'amico tuo" risponde "amico mio?....no manco lo conosco, lo conosco a mala pena". Così il signor Schifani quando veniva a Villabate per motivi di lavoro, la consulenza per il Comune, vedeva a me e, minchia, scantonava, svicolava, si spaventava come se...come se prendeva la rogna, capisci? ...".

Continua...

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