giovedì 1 maggio 2008

Schifani: Da Corleone a Palazzo Madama - Parte III -

Enrico La Loggia a metà degli anni Ottanta fa parte come assessore della prima giunta del sindaco Leoluca Orlando e, per diretta ammissione di Nino Mandalà, in quelle vesti risponde di no alle sue richiest di aiuto.
Così le vittorie elettorali di Forza Italia nelle zone di Villabate e Bagheria, feudi di Provenzano e della famigliaMandalà, diventano vittorie pericolose.
Francesco Campanella(mafioso ora collaboratore di giustizia, fu lui a dare la falsa carta d'identità a Provenzano per andare a farsi operare), osserva quanto accade dalla sua poltrona di presidente del consiglio provinciale e se ne accorge quasi subito. Nel 1994 Nino Mandalà sbandiera i suoi legami importanti. Dice a Campanella di avere"strettissimi rapporti con il senatore" gli parla del suo matrimonio al quale anche lui e Schifani avevano partecipato, e Campanella capisce che non mente. Il nuovo segretario comunale viene scelto dal sindaco Navetta su "segnalazione di La Loggia" e la stessa cosa accade con Schifani: "i rapporti tra loro erano ottimi durante l'inizio dell'attività del Mandalà nel '94, tant'è vero che La Loggia era il suo punto di riferimento all'interno di Forza Italia.[...]; a un certo punto Schiufani viene segnalato da La Loggia come consulente e quindi nominato dal sindaco come esperto in materia di urbanistica[...] Le quattro varianti al piano regolatore di cui abiamo parlato, parco suburbano, la variante commerciale, la viabilità, furono tutte concordate dal punto di vista anche di modulazione, di componimento, insomma, dal punto di vista giuridico con lo stesso Schifani.
"L'allora avvocato Schifani interloquiva con Nino Mandalà anche di queste cose?" chiede il Pubblico ministero a Campanella.
"Sì, interloquiva anche con Mandalà, ma poi i fatti più operativi li gestiva l'assessore Geranio, che poi era un assessore della famiglia Mandalà, perchè Geranio aveva sposato una sorella del suocero di Nicola Mandalà. Quindi Geranio faceva da spola tra il Comune e lo studio dell'avvocato Schifani.
Mi ricordo che in qualche incontro andavo anch'io. Poi a un certo punto ci fu la questione di fare il piano regolatore generale. Si trattava di un argomento che suscitava grandi appetiti da parte della famiglia mafiosa di Villabate, poichè il piano regolatore generale, com'è notorio, determina la potenzialità edificatoria delle aree e l'edilizia è uno degli strumenti più importanti dell'attività tipica di Cosa nostra, con l'imposizione, oltre che di pizzo ai cantieri, anche delle forniture. Lì il Mandalà organizzò tutto per filo e per segno interagnedo in prima persona.[...]Mi disse che aveva fatto una riunione con Schifani e con La Loggia e che aveva trovato un accordo per il quale i due segnalavano il progettista del piano regolatore generale, incassando anche una parcella di un certo rilievo[...]. L'accordo, che Mandalà aveva definito con i suoi amici Schifani e La Loggia, era quello di manipolare il paino regolatore, affinchè tutte le sue istanze fossero prese in considerazione dal progettista e da Schifani.
Domanda il pubblico ministero: "le risulta che lo Schifani fosse al corente all'epoca degli interessi di Mandalà in relazione all'attività di pianificazione urbanistica del Comune di Villabate?"
"Assolutamente sì. Mandalà mi disse che aveva fatto questa riunione con La Loggia e con Schifani e lìaccordo era di nominare,attraverso loro, qusto progettista che avrebbe incassato questa grossa parcella che in qulache modo avrebbero condiviso lo stesso Schifani e La Loggia".
"Quindi la parcella non sarebbe andata soltanto al progettista?"
"No, il progettista era titolare di un interesse economico che era condiviso dallo stesso Schifani e La Loggia.
"E questa parcella fu liquidata o comunque ne fu stabilità l'entità?"
"Ma guardi, la parcella... si fece una parcella proforma, perchè l'attività poi del piano regolatore in realtà fu interrotta a seguito poi dello scioglimento del consiglio comunale(1999).[...]
"In che epoca si collocano, o si colloca, se solo una, quella riunione tra Mandalà, La Loggia e Schifani in relazione alla pianificazione urbanistica del Comune di Villabate?"
"Questa si colloca sicuramente in epoca successiva all'arresto di Mandalà Nicola, nell'epoca in cui stavamo adottando questi atti."
"Quindi c'è un allontanamento progressivo, mi pare di capire?"
"Esattamente, lui lamentava con me questo fatto che più volte, ma in epoca successiva appunto alle vicende..."
"All'arresto di Nicola diciamo?"
"Esattamente, addirittura il La Loggia non lo salutava neanche"
"Cioè cercava di prendere le distanze?"
"Esattamente.."

Tratto da 'I Complici' di Lirio Abbate e Peter Gomez.

mercoledì 30 aprile 2008

Schifani: Da Corleone a Palazzo Madama - Parte II-

Dopo la scarcerazione di Nicola, Nino Mandalà e La Loggia si incontrano ad un congresso di Forza Italia.
La Loggia:"Nino, io sai per questo incidente di tuo figlio..."
Mandalà: " Senti una cosa, tu mi devi fare la cortesia, pezzo di merda che sei, di non permetterti più di rivolgermi la parola."
L: "Ma Nino, ma è mai possibile che tu mi tratti così?"
M: "E perchè, come ti devo trattare? Perchè non è possibile spiegarmelo...chi sei?"
L: "No, ma io non dico questo, ma i nostri rapporti..."
M: " Ma quali rapporti..."
L: "Senti possiamo fare una cosa, ne possiamo parlare in ufficio da me?"
M: "Si, perchè no..."
Nello studio: M: "Senti, mi devi fare una cortesia, tu a me non mi devi cervare più, tu devi dimenticarti che esisto perchè la prossima volta che tu ti arrischi a cercarmi e siamo soli, io siccome sono mafioso, io ti (parola incomprensibile nella registrazione) hai capito! Perchè io sono mafioso, come tuo padre purtroppo, perchè io con tuo padre me ne andavo a cercargli i voti da Turiddu Malta che era il capo della mafia di Vallelunga. Tuo padre che era(parola incomprensibile) e lo poteva dire. Ora lui non c'è più, ma lo posso dire io che tuo padre era mafioso". E lui si è messo a piangere.
"Mi rovini", ha detto.
" E perchè?", gli ho risposto, "Io non sono un pezzo di merda come a te che ti rovino. L'ho fatto per dirti che tu hai la coda di paglia come gli altri e fai tutto...tutto...ma lo devi fare con gli altri...ti devi vestire dei panni... ma non con me, stronzo che sei. Non sai io da dove vengo e cosa ero con tuo padre. che cornuto vai dicendo. Tuo padre chi era? e mi dici a me...".
Simone Castello commenta caustico: "Qua c'è gentaglia"
Nino: "Lui si è messo a piangere, ma non si è messo a piangere perchè era mortificato, si è messo a piangere per la paura. Siccome gli ho detto "ora lo racconto che tuo padre veniva a raccogliere con me da Turiddu Malta" e l'ho fatto proprio per farlo spaventare, per impaurirlo, per fargli male, 'sto cretino, minchia, ha pensato che io andassi veramente a far una cosa del genere. Vedi quanto è cornuto e senza onore, pensava che io lo andassi a rovinare..."
Castello: "No! ma quanto è cretino..."
Nino: "Figurati che diceva piangendo 'mi rovini, mi rovini'!
C: "E questo è il senatore di Forza Italia"
N: "E' il presidente dei senatori di Forza Italia"
C: "Il fatto è, Nino, che sono tutti mezze tacche."
C: "Miccichè mezza tacca. Questo Giudice meno di mezza tacca, Dore Misuraca non ne parliamo...Meschini, meschini, non solo in Forza Italia, negli altri partiti sono pure gli stessi". [...]

Da un certo punto di vista l'astio dell'avvocato Mandalà è comprensibile.
Lui, Schifani e La Loggia li aveva sempre considerati degli amici, tanto che erano stati tra gli ospiti importanti del suo secondo matrimonio, avvenuto nei primi anni Ottanta. A quell'epoca Mandalà era appena rientrato in Sicilia da Bologna, dove lavorava nel mondo delle concessionarie d'auto e dove anche suo figlio Nicola era nato. Con loro aveva fondato la Sicula Brokers, una strana società in cui i futuri leader di Forza Italia sedevano fianco a fianco di imprenditori in odor di mafia e boss di Cosa Nostra.
A scorrere le pagine ingiallite di quei documenti societari c'è da rimanere a bocca aperta: La Sicula Brokers viene creata nel 1979 e tra i soci, accanto a Mandalà, La Loggia, Schifani, compaioni i nomi dell'ingegnere Benny D'Agostinpo, il titolare delle più grandi imprese di costruzioni marittime italiane, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, e di Giuseppe Lombardo, l'amministratore delle società di Nino e Ignazio Salvo, i re delle esattorie siciliane arrestati nel 1984 da Giovanni Falcone perchè capi della famiglia mafiosa di Salemi.

La Sicula Brokers è insomma una società simbolo di quella zona grigia nella quale, per anni, borghesia e boss hanno fatto affari.

Continua...

martedì 29 aprile 2008

Schifani: Da Corleone a Palazzo Madama

Prendo spunto da 'I Complici' di Lirio Abbate e Peter Gomez per delineare il profilo del futuro Presidente del Senato, Renato Schifani.

E' il 4 maggio 1998. Nino Mandalà, boss di Villabate, sale sull'auto di Simone Castello, uomo d'onore che per conto di Provenzano recapita i pizzini in tutta la Sicilia. Le elezioni amministrative sono alle porte. Mandalà, fa parte del direttivo provinciale di Forza Italia, si devono decidere le liste dei candidati.
Gaspare Giudice gli ha consigliato un nome, all'ultimo però l'accordo salta, perchè Renato Schifani, neoeletto senatore nel collegio di Corleone, "ha preteso, giustamente, che il candidato di Misilmeri alla provincia fosse suo, visto che Gaspare Giudice ne aveva già quattro", spiega Nino Mandalà a Simone Castello.
Mandalà si sfoga con Castello dicendogli che i voti lui questa volta non gli procurerà a nessuno, tantomeno a chi "m'a trummaru" (me l'hanno trombata)la candidatura chiesta supplicandomi.
Quando il candidato proposto da Schifani si presenta in paese viene respinto a malo modo e Mandalà racconta di avergli detto : "Caro mio io non do indicazioni a nessuno, non mi carico nessuno, Misilmeri non è Villabate, è inutile che vieni da me. Di voti qui non ce n'è per nessuno...".
La dura reaazione del capomafia preoccupa i vertici di Forza Italia, tanto che Gaspare Giudice lo ha chiamato subito: " Mi ha telefonato dicendo che stamattina a casa di Enrico La Loggia c'è stata una riunione. C'erano La Loggia, Schifani, Giovanni Mercadante(allora capogruppo di Forza Italia in Comune a Palermo, arrestato per mafia nel 2006) e Dore Misuraca, l'assessore regionale agli Enti Locali.Giudice mi ha raccontato che Schifani disse a La Loggia: "Senti Enrico, dovresti telefonare a Nino Mandalà, perchè ha detto che a Villabate Gaspare Giudice non ci deve mettere più piede...e quindi c'è la possibilità di recuperare Nino Mandalà, telefonagli....".
Il mafioso è quasi divertito. Alzare la voce coi politici è sempre un sistema che funziona. E, secondo lui, anche Renato Schifani ne sa qualcosa. Dice Mandalà: "Simone, hai presente Schifani, attraverso questo(il candidato di Misilmeri)... aveva chiesto di avere un incontro con me, se potevo riceverlo. E io gli ho detto no, gli ho detto che ho da fare e che non ho tempo da perdere con lui. Quindi, quando ha capito che lui con me non poteva fare niente, si è rivolto al suo capo Enrico La Loggia che, secondo lui, mi dovrebbe telefonare. Ma vedrai che lui non mi telefonerà. Mi può telefonare che io, una volta, l'ho fatto piangere?".

Le microspie dei carabinieri registrano ora la storia di un'amicizia tradita. una storia di mafia in cui i capibastone minacciano e i politici, terrorizzati, chiedono piangendo il perdono.

Mandalà racconta. Anno 1995, il figlio Nicola viene arrestato per la prima volta. Accusa La Loggia di averlo lasciato solo, forse per paura che si scoprisse un segreto incoffessabile: lui e Nino Mandalà non solo si conscevano fin da bambini, ma per anni erano stati anche soci, avevano lavorato fianco a fianco in un'agenzia di brokeraggio assicurativo.
"Non mi apettavo che dovesse fare niente, ma almeno un messaggio,'ti dò la mia solidarietà', me lo poteva mandare. Stiamo parlando di un rapporto che sale dalla notte dei tempi, eravamo tutti e due piccoli...suo padre...era mio padre, lui era un cristiano coi cazzi, non come questo pezzo di merda... poi siamo stati soci d'affari, lui presidente e io amministratore delegato. andavamo in vacnza insieme...". Il portaordini di Provenzano prova a calmarlo:"va bè, è il presidente dei senatori di Forza Italia, magari non si può esporre..."
"D'accordo, però, in una situazione come questa...Dio mio mandami un messaggio. Poteva farlo attraverso 'sto cornuto di Schifani che allora non era ancora senatore ma faceva l'esperto, il consulente in materie urbanistiche qua al Comune di Villabate a 54 miloni di lire l'anno. Me lo aveva mandato proprio il signor La Loggia. Lui(Schifani) mi poteva dire, mi chiamava e mi diceva:'Nino, vedi che, capisci che non si può esporre però è con te, ti manda i saluti'. No, e invece non manda a dire niente lui, ma Schifani..."
"Dice che non ti conosce..."
Schifani, quando quelli là in Forza Italia gli chiedono " ma che è successo all'amico tuo, al figlio dell'amico tuo" risponde "amico mio?....no manco lo conosco, lo conosco a mala pena". Così il signor Schifani quando veniva a Villabate per motivi di lavoro, la consulenza per il Comune, vedeva a me e, minchia, scantonava, svicolava, si spaventava come se...come se prendeva la rogna, capisci? ...".

Continua...

lunedì 28 aprile 2008

MEMORIAL 'CALCIOPOLI' - PARTE XI -

I rapporti fra i vertici bianconeri e quelli arbitrali sono strettissimi, affettuosissimi, proficuissimi. Ci sono anche visite a domicilio nell’abitazione di Lucianone da parte di Pairetto e anche del presidente dell’Aia Tullio Lanese ( “Tu”, dice Moggi al vicepresidente federale Mazzini il 22 settembre, “tienitelo per te, ma domani Lanese viene da me”). Pairetto va a trovare Moggi all’ora di pranzo, e due ore dopo Lucianone chiama il centralino di casa Agnelli ordina una “Maserati in tempi rapidi per un amico importante: quatttro porte”. L’amico importante è Pairetto, che l’ha promessa a un tizio deciso a comprarla in fretta, infatti gli telefona tutto tronfio: “La Maserati è a disposizione, quando rientro chiamo direttamente la Real Casa”. Sarà pronta in dieci giorni al massimo, mentre – dice orgoglioso Pairetto al figlio – per i clienti normali “ci vuole un anno per avere il Maserati: io gli ho telefonato e il giorno dopo mi ha detto che è già pronto!”
Nonostante tutto quello che ha da fare, Lucianone riesce anche a istruire i moviolisti televisi. Tra una telefonata e l’altra, un affare e l’altro un occhio alla famiglia e uno agli amici, ecco che da una tv privata un anonimo opinionista lo chiama per sapere come trattare l’arbitro Trefoloni: “Ha regalato un rigore alla Lazio”. E Lucianone, che è nato nella provincia di Siena, mentre Trefoloni è del capoluogo, non ha incertezze:”Bisogna trattarlo bene”. Poi c’è il moviolista del “Processso” di Biscardi, che dal 2004 ha inaugurato in trasmissione la “patente a punti” per gli arbitri. Il moviolista è Fabio Baldas, ex arbitro e soprattutto ex designatore: sotto la la sua sciagurata gestione nel 1997-98 la Juve ha vinto uno degli scudetti più chiacchierati, culminato nelo scandalo del rigore negato a Ronaldo in Juve-Inter (1-0) del 26 aprile 1998, arbitro il livornese Ceccarini (Baldas fu sostituito a fine campionato da Bergamo).
Con Baldas, Lucianone è senza freni: "Allora, te devi salvare Bertini, Dattilo, e Trefoloni… Sul Milan puoi battere quanto ti pare”. Baldas non può dirgli di no: da Biscardi, dopo l’infelice conclusione della sua carriera di dirigente arbitrale, ce l’ha piazzato Lucianone. Baldas prova a obiettare: “Gli arbitri hanno fatto degli errori, con la patente a punti qualcosina dobbiamo tirara via a Trefoloni e Dattilo, magari un punto. Dimmi tu cosa devo fare e io nei limiti del possibile faccio”. Ma Moggi è inflessibile: “A Dattilo, Trefoloni e Bertini va dato un punto in più: anziché venti, ventuno! Poi, ci sentiamo dopo la trasmissione”.
Poi Baldas si fa Fracchia e gli rammenta un fax che gli ha spedito da qualche tempo: “Pensi di riuscire a far qualcosa per me, per farmi fare qualche partita di serie A? Ti prego, ricordati di me nelle tue preghiere”. E Lucianone, benedicente: “Ma io mi ricordo sempre di tutti, non c’è bisogno di pregare”.